Caro lettore, benvenuto.
Questo è il
primo episodio di “Last Hope”. L'introduzione
ha lo scopo di segnalarti il tuo potere in questa storia. I lettori,
quando arrivano a fine capitolo, traggono sempre delle conclusioni –
spesso non rispecchiate nelle vicende successive – e s'immaginano
cosa potrebbe accadere in seguito. Ora, hai il potere di correggere
il corso di questa narrazione, esprimendo il tuo parere (in aggiunta
alla recensione) su cosa potrebbe o dovrebbe accadere nel prossimo
capitolo. Ovviamente, occorre rimanere legati al filo narrativo degli
avvenimenti.
Questa vuole
essere una sfida, ed un modo divertente per modificare un'avventura
che ha già un percorso prestabilito dall'autore, ma che con il tuo
intervento potrebbe subire delle deviazioni interessanti.
Buona
lettura.
Lodd Fantasy
Factory.
-
Sopravvissuti -
«Vennero
esattamente quando era stato predetto, puntuali come solo la morte sa
essere. Che ci crediate o meno, la gente li accolse più come
salvatori, che come distruttori. All'epoca potevamo solo essere
salvati da noi stessi, piuttosto che annientati... giunsero per
graziarci dal nostro stesso destino. La domanda sorge spontanea:
perché, se erano venuti per redimerci, ora siamo in questo scomodo e
putrido buco di fogna a parlarne?» raccontò l'uomo fra gli aspri
sbuffi di fumo. Ingurgitò l'ultimo dito di una vecchia bottiglia di
Jack, e riprese:
«Non mi
guardate con quella faccia... Non giudicatemi: ancora qualche anno ed
apprezzerete questa roba! Volete sapere perché amo l'alcol? Non
scade mai, e non diventa stagnante come l'acqua. È la mia ultima,
sacra risorsa!» aggiunse strizzando l'occhio.
Posizionò
la bottiglia di vetro sotto un piccolo foro presente sul malconcio
soffitto, da cui stava gocciolando dell'acqua piovana. Quel mucchio
di ragazzini pendeva già dalle sue labbra. I poveri bastardi erano
sopravvissuti in quegli anni per puro miracolo; fare ingestione di
storie era l'unica razione in grado di riempire i loro vuoti stomaci,
o perlomeno capace di ingannarli.
Odiava
averli attorno, con i loro volti sporchi e quegli sguardi pieni di
speranze, che adulavano la sua figura come la statua di un antico
eroe; ma i piedistalli non esistevano più in quel mondo: gli eroi
giacevano in fosse comuni, a far compagnia al letame. Fargli credere
di esserlo, o ancor peggio diventarlo lo avrebbe portato presto a far
compagnia ai vermi.
Era ormai un
mondo dove un uomo poteva vantarsi unicamente di essere l'eroe di se
stesso, se era abbastanza fortunato.
«Dove
eravamo rimasti... Ah, già... siamo qui perché, nonostante tutti i
dogmi dell'epoca, nessuno di noi era disposto a crepare tanto
facilmente. Siamo una razza infame, dopotutto: se avessero voluto
prendersi la nostra pelle, benché la dilaniante guerra che avevamo
iniziato ci avesse dimezzati, si sarebbero dovuti dare da fare.
Insomma, non si vede uno spettacolo senza pagare il biglietto!»
spiegò. Si accorse da subito dei tanti volti perplessi. «Uhm, forse
siete troppo giovani per capire. Ad ogni modo, imbracciammo le armi e
lottammo contro il nostro nuovo nemico comune; quell'evento unificò
la nostra razza come mai era accaduto in tutta la nostra esistenza.
Tenemmo testa agli Dei della Decadenza... fu un'ardua lotta»
«Una
battaglia non ancora terminata: le storie si raccontano quando si
sono concluse, Dwayne» esordì freddamente
Lloyd. «Andate a dormire. Partiremo prima dell'alba!» richiamò
l'ordine, invitando i ragazzi a rompere le righe.
«Mi
divertivo soltanto a spaventarli un po'. Ti prego, non iniziare con
la tua solita menata sul rimanere sempre vigili, sul non abbassare
mai la guardia... e tutto il resto» disse divertito, riducendo al
minimo la luminosità della lanterna, fino a far calare le tenebre
agli angoli della stanza.
Lloyd si
accostò all'unica finestra, tappezzata di storici giornali, tant'è
che sopra si potevano ancora leggere alcuni articoli inerenti la
cruenta guerra che nel 2016 aveva sconvolto il mondo conosciuto.
Infilò una mano nella tasca dei malandati jeans, scuri più per lo
sporco che per il loro colore originario.
«Deduco si
tratti di una cosa seria, se trovi la pazienza di non rispondere alle
mie provocazioni. Avanti, che succede? Sputa il rospo, così ce lo
mangiamo!» esclamò Dwayne mentre accendeva la vecchia pipa con un
fiammifero, il penultimo della scatola.
«Luna.
Avrebbe dovuto essere qui tre ore fa, prima del tramonto» rivelò
dopo essersi schiarito la voce. «Fra meno di sei ore il sole
sorgerà, e questo gruppo dovrà obbligatoriamente muoversi verso
nord. Hubert ci attenderà ai piedi delle montagne. Oltre il valico
dicono si trovi una piccola città che è stata risparmiata dalle
bombe»
«Bisognerebbe
accertarsi che sia stata risparmiata anche da loro... Trovo
che sia una cazzata continuare a spostarci: bisogna combatterli, in
un modo o nell'altro» replicò dopo un grosso sbuffo di fumo.
«Capisco il
fatto che tu non riesca a fidarti... ma laggiù potrebbe essere
sicuro. Ho sentito che c'è un lago nelle vicinanze, forse l'unico
posto che potre- »
«Taglia
corto, biondo» lo interruppe grattandosi
l'ispida barba scura. Un riflesso di luce donava vitalità ai suoi
occhi castani, specchio della sua bruna carnagione.
«So che ci
sono poche possibilità, che significherebbe mettere a repentaglio le
vite di tutti coloro che guidiamo, e che va contro gli ordini... e so
anche che tu vorresti tornare indietro quanto me, altrimenti non
avresti tenuto pronti i tuoi effetti. Fossimo da soli, come
all'epoca, saremmo entrambi tornati indietro a controllare. Facciamo
scegliere ad un-»
«Metti via
quella vecchia moneta, Lloyd. Odio far prendere le decisioni ad uno
stupido testa o croce. Poi, dovresti sapere che quando quello
spicciolo sarà in aria potremmo scoprire brutte cose, come il non
aver voglia di rischiare il culo per qualcuno a cui teniamo. Inoltre,
non ho la minima intenzione di restare a fare da balia a questi
mocciosi: preferisco cento volte crepare da solo là fuori, piuttosto
che diventare il loro eroe del giorno!» rispose Dwayne. Si tirò su
strisciando contro il muro. «E poi... la mia roba è già pronta. Ci
vediamo a nord, biondo!» aggiunse, dopo aver raccattato la vecchia
bottiglia di jack con tre dita di acqua, un lurido zaino – usato
perlopiù a mo' di faretra – ed un arco artigianale.
Uscì
dall'agglomerato di rovine con indosso un vecchio cappotto. Era
notte, ma la soffocante umidità estiva non aveva mollato per un
attimo la presa. La pioggia aveva ridotto la strada disastrata ad un
pantano impraticabile, costringendolo a deviazioni improvvise.
Inizialmente si beò di quelle gocce fresche, con la lingua di fuori,
poiché non parevano acide come al solito; era inoltre certo che in
molti avrebbero approfittato dell'acquazzone per lavarsi di dosso lo
sporco di settimane, una mossa che Dwayne reputava poco saggia. Più
di una volta era sfuggito a quelle cose grazie allo spesso
strato di sporcizia che lo ricopriva, oltre che alla puzza: entrambe
contribuivano ad occultare il naturale odore della loro pelle,
rendendo l'olfatto di chi li cacciava meno efficace.
Scivolò
nelle tenebre con la consueta agilità che aveva acquisito in tutti
quei lunghi anni di sopravvivenza. Evitò la strada, ed allo stesso
tempo si tenne alla larga dal percorso che avevano seguito per
arrivare sin dove si erano fermati per la notte: se il gruppo di Luna
era stato bloccato, chi vi fosse riuscito avrebbe sicuramente fiutato
la pista per il prossimo accampamento.
L'atroce
pensiero non lo abbandonò sin dalla sua partenza, e crebbe come una
nenia assordante nella sua testa man mano che consumava la distanza
che lo separava dal checkpoint presidiato dalla donna. Realizzò che,
al di là delle cause del mancato arrivo dell'ultimo gruppo, fosse
opportuno cancellare le tracce, prima di portare il nemico sin dentro
l'ultimo baluardo della resistenza.
Si fermò
per collegare la corda all'altra estremità dell'arco, quindi si
acquattò fra la spoglia vegetazione, sfruttando le zone più
riparate per rimanere nascosto e muoversi furtivamente. Fece un
rapido calcolo mentale: aveva con sé solo quattro frecce, una
manciata di pietre, tre dita di acqua al sapore di whisky, un
bengala, un rotolo di bende quasi finito, la pipa, un pugno di
tabacco e un solo cerino.
«Poteva
andarmi peggio!» mormorò, spuntando via un filo d'erba che aveva
utilizzato per compensare la penuria di sigarette. Lo faceva per
ammansire il vizio, ingannandolo con i gesti tipici dell'abitudine:
una strategia che gli aveva impedito di impazzire, da quando i
tabacchini avevano chiuso per sempre.
Pensò
cinicamente che nel peggiore dei casi avrebbe raccolto dai cadaveri
qualche razione, dell'alcol e, con un pizzico fortuna, anche del
tabacco.
La grotta
sotto la galleria dove Luna ed i suoi si erano accampati distava
ormai poco, trovandosi esattamente sul fianco della collina che stava
percorrendo.
Strinse
le cinghie dello zaino.
Dwayne
era pronto a fare ciò che sapeva fare meglio: sopravvivere.
Continua...
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