Giovanni
Giuseppe Pintore
Un
sentiero oltre lo specchio
Il gelo filtrava
come un sussurro arido di speranze attraverso le arrugginite
inferriate, sbattendo anch’esso contro l’agonia e lo sconforto
esalati da quelle sporche, ristrette ed angoscianti mura. La
fuggitiva luna si celava dietro grigie e sentenziose nubi,
annunciandosi sporadicamente e stancamente in tutta la sua
abbondanza. Pioggia sporca stava per cadere e, come si usava dire nei
pressi di Foolknight: “lo sporco dei peccati umani vien
vomitato dagli angeli, e ciò è male”.
Delle fredde
lenzuola che coprivano lo scomodo lettino fissato al pavimento non
restava che l’ombra di un nodo fra le sbarre; l’uomo dalla rossa
e arruffata capigliatura strinse l’annodamento all’altro estremo,
infilando la testa all’interno del cerchio color panna che aveva
appena creato. Sospirò lentamente, stringendo ancora il nodo dietro
alla nuca, poi gettò i suoi cangianti occhi verdi sullo sgabello
sotto i suoi piedi.
«Ti ho sempre
amata… Blair…».
Le sirene della
polizia nel servizio del telegiornale delle cinque risuonarono come
squilli di tromba all’interno del salotto: era l’ora del the per
gli inglesi, ma Alistair, da buon irlandese, non amava mantenere
certi legami con “quelli oltre il mare”, benché vi avesse
convissuto insieme alla sua cara Blair sino a tre anni prima, ad
Edimburgo. Se ne stava seduto sulla poltrona davanti alla televisione
con un bicchiere di scotch whiskey on the rocks, perso nell’ambrato
colore dell’alcolico, attraverso il quale osservava lo schermo.
Erano le ultime tre dita di una bottiglia aperta pochi minuti prima
delle cinque.
L’operatore
continuava ad illustrare i seguiti delle indagini che avevano
sconvolto l’intera Irlanda, ed in parte anche la Gran Bretagna,
riguardanti la scomparsa di una donna, ora considerata vittima di un
omicidio dalle autorità dopo dodici mesi di ricerche andate a vuoto;
e la rivelazione dei sospetti nutriti nei confronti del proprio
consorte. Eppure, Alistair era altrove con la mente, esattamente ad
un anno preciso da quel giorno, e rammentava ancora quanto era
accaduto, sebbene nessun alcolico da quel momento l’avesse aiutato
nel raccontare la sua storia, quella che aveva sempre nascosto dentro
di sé, né tanto meno a dimenticarla. Ricordava il calvario vissuto
giorno per giorno, degli sguardi diffidenti, di quelli accusatori e
delle tante parole che avevano macchiato la sua figura di padre e
marito. Per la nazione era diventato un caso popolare e macabro,
avvolto nel totale mistero e di cui tutti avevano sentito parlare;
era riuscito casualmente a scoprire che anche in altri Paesi la
notizia era stata accolta con clamore, e nei social network già
ronzavano giudizi e tragiche sentenze. Ma tutta quella gente non
poteva sapere, non poteva conoscere la verità che si celava dietro
le parole che non potevano essere dette. Era un vicolo cieco,
purtroppo, e quello che aveva sofferto di più in quel momento era
proprio Alistair, uomo solo in quel mondo crudele.
Gettò giù
l’ultimo goccio e si lasciò andare sulla poltrona, abbandonando la
stretta sul bicchiere, così come su quella realtà, sprofondando nei
frammenti dei suoi ricordi nell’esatto momento dell’impatto con
il parquet.
Era una serata
fresca e priva di nuvole, accompagnata dall’alto da un’immensa
luna. Gennaio non era mai stato così caldo, non in quel frammento
rurale dell’Irlanda, situato giusto poco più a sud di Dublino.
Alistair era in compagnia di Blair, e i due si erano diretti nei
pressi della chiesetta di Foolknight, detta anche “La casa della
Madonna piangente”: era una piccola struttura in stile gotico
sita poco fuori dalla cittadina, immersa nel verde irlandese, e
caratterizzata dalla statua di una madonnina che si diceva piangesse
nelle notti di luna piena. Era proprio davanti a quel luogo di culto
abbandonato che Alistair aveva per la prima volta carezzato i ramati
capelli della dolce Blair, ed osservato i suoi sorridenti occhi
celesti. Ma, al contrario di quel giorno, gli fu impossibile sfiorare
le sue carnose labbra, poiché da esse stava emergendo una verità
dura da digerire: tutti quei messaggi, quelle chiamate sul suo
cellulare, erano un anticipo di quanto la donna aveva deciso di fare.
Avevano
raggiunto quella zona abbandonata per una precisa ragione, ed essa
era legata al motivo del loro ritorno in Irlanda. Alistair era uno
scrittore di una certa fama in Inghilterra, ma la sua nuova opera
aveva subito un brusco arresto: il tipico blocco dello scrittore.
Eppure, i suoi interessi per i miti e le leggende della sua terra
l’avevano aiutato ad andare avanti, ed in quel momento cercava
l’ispirazione per mettere la parola fine al suo libro. In una
visita alla biblioteca di Wallhorse aveva sentito dei ragazzi parlare
di strani avvenimenti nei pressi di quel luogo tanto caro alla sua
infanzia, dunque aveva deciso di recarsi lì proprio con la donna che
amava, in cerca di risposte, o semplicemente di un evento differente
che sbloccasse la sua creatività.
Muniti di grosse
torce e di una buona dose di scetticismo, avevano aggirato la
struttura più volte, esattamente quando la luna era alta e piena nel
cielo; ma niente era accaduto, se non l’arrivo dell’ennesimo
messaggio sul cellulare di Blair.
«Così ho
deciso, Alistair. Mi dispiace sia andata a finire in questo modo, ma
non c’è più alcun legame fra noi. L’Irlanda è un mondo che non
mi appartiene più: è fredda, abbandonata ed incivile… Foolknight
è sempre stata una prigione per me; esserci tornata è stato uno
sbaglio. Mi dispiace avertelo detto solo adesso... in questo momento.
Ormai sarebbe stato inutile cercare l’attimo più adatto»,
dichiarò la donna, dopo l’ennesima richiesta di spiegazioni da
parte dell’uomo.
«Blair, pensa
ai nostri figli. Possiamo sistemare le cose!».
«Non ti amo
più, Alistair. È finita», affermò staccandosi di dosso le mani
del marito.
«Da quanto?»,
domandò l’uomo abbassando lo sguardo. «Da quanto mi tradisci?».
«Alcuni mesi…
Non avrei voluto farlo, ma…», tentò vilmente di giustificarsi la
donna.
«Ma tuo marito
non ti bastava più… il padre dei tuoi figli era troppo premuroso
con loro per poterti dare quello che cercavi? Dove ho sbagliato?
Dove?», sbottò l’uomo, battendo i pugni contro il portone della
chiesa.
«Voglio il
divorzio. I bambini resteranno con me, e tornerò ad Edimburgo;
potrai venire a trovarli quando vorrai. Avrai tutto il tempo per
finire il tuo libro…».
«Cosa?»,
domandò perplesso. «Non è il mio libro il problema! Vuoi
strapparmi all’abbraccio dei miei figli?!», esclamò Alistair
afferrandola per le spalle, scuotendola tanto da farle perdere
l’orecchino di piume purpuree, schiacciandolo poi con il piede
destro, tanto da fonderlo con la terra.
«Lasciami
andare, Alistair. Questa è la mia decisione!».
«Non puoi
portarmi via la mia famiglia, non sono io che ho sbagliato. Non sono
io il traditore!», gridò l’uomo continuando ad agitarla,
sbattendola contro il portone della chiesa. La foga aveva preso
possesso dello scrittore.
«Lasciami
andare. Ho già le carte pronte, mi occorre semplicemente dare il via
al mio avvocato. Non rendere le cose più difficili di quanto già
non siano!», urlò Blair.
«Non ti lascerò
distruggere la mia famiglia!», replicò Alistair, sbattendola con
ulteriore violenza, tanto da schiudere l’ingresso della chiesetta,
finendo irrimediabilmente all’interno dell’unica navata. La presa
su Blair venne meno.
La donna perse
l’equilibrio, arretrando ulteriormente in cerca di stabilità, ma
il terreno sotto i suoi piedi franò violentemente, inghiottendola
all’interno di una voragine, allargatasi ulteriormente rispetto a
come si presentava già all’interno della chiesa. Un improvviso
lampo illuminò l’intero luogo, costringendo l’uomo a chiudere
gli occhi e a perdere di vista la posizione della moglie. In seguito
vi fu un prorompente tuono, accompagnato dal fragoroso tonfo delle
macerie nell’acqua.
«Blair!»,
chiamò a gran voce Alistair, ora sul ciglio del baratro, mentre
dall'alto iniziò a piovere abbondantemente. La sua torcia illuminò
una larga pozza sporca ed esalante un puzzo stantio a diverse braccia
dal pavimento.
Non vi era
alcuna traccia della moglie, tanto meno della sua pila. Senza
pensarci si gettò nell’acqua, sprofondando appena all’interno di
essa, slogandosi una caviglia atterrando sui detriti sul fondo. La
pozza non era così profonda, arrivava poco sotto la sua vita. Agitò
le mani alla ricerca della donna, muovendo la sua torcia qua e là
per cercare di vedere qualcosa in più; ma di Blair non c’era più
alcuna traccia.
«Blair!»,
chiamò nuovamente. Nessuno rispose.
Una forte
esplosione di luce sembrò quasi bruciarle gli occhi, poi si sentì
annegare, e l’acqua riempirle i polmoni impetuosamente. I due
attraenti occhi cerulei riuscirono finalmente a schiudersi,
individuando un’ampia luce sopra di sé. Sbracciò a più non posso
per raggiungere la superficie e, una volta fuori, sputò tutta
l’acqua che aveva nei polmoni, prendendo un grande respiro. Non
fece caso al silenzio espresso dal suo rigurgito. Ci mise qualche
minuto per rendersi conto di dove fosse e di quanto la circondasse.
Nella sua mano destra aveva ancora la torcia accesa.
Il paesaggio
buio e gotico della chiesa aveva lasciato spazio ad un lago argenteo,
rispecchiante il colore del cielo, dove un pallido sole, assimilabile
per la sua poca intensità e colore ad una luna, illuminava l’area
circostante. Non vi erano strutture attorno a lei, semplicemente un
paesaggio verdeggiante con solitari pini ad innalzarsi verso il
cielo, reso soffuso da una soffice nebbiolina.
Si era ritrovata
improvvisamente al centro di quella pozza argentea, e Blair
combatteva contro la propria mente, cercando una spiegazione
razionale a quanto fosse accaduto. Credeva di star sognando in quel
momento, eppure, quante volte poteva vantare di aver creduto di star
sognando all’interno di un sogno? Nessuna.
Arrivò in poche
bracciate sulla riva, e ne uscì scuotendosi; nonostante ciò, i suoi
vestiti ed i suoi capelli non erano bagnati: solo le sue scarpe
parevano zuppe, e quando le tolse per svuotarle, l’acqua si
scompose in piccole bolle, risalendo verso l’alto. Blair rimase
spiazzata, ma si scoprì piacevolmente colpita da quella reazione;
con le dita fu in grado di frammentare le piccole sfere, creando
un’infinità di minuscole lacrime, anch’esse dirette verso
l’alto.
«Ehilà! C’è
nessuno?», domandò più volte, ma la sua voce si perse in un
lontano eco. Prese allora ad incamminarsi verso le verdeggianti
colline che si stagliavano fin dove alla sua ristretta vista era
concesso giungere, ed infilò la torcia in una delle tasche del
cappotto.
Il paesaggio non
parve mutare, ma si accorse dell’assenza di uccelli in volo, e
delle sinfonie della natura. Tutto taceva. Dopo essersi ripresa da
quello stato di confusione-sorpresa, afferrò il suo telefono ma,
benché fosse ancora funzionante, non sembrava esserci campo, e
nell’interfaccia si palesavano improvvise interferenze, che
rendevano impossibile analizzare il display.
«Quando ti
serve non funziona mai… Avrei dovuto portarmi il satellitare!», si
rimproverò.
«Quelle cose
non funzionano qui», puntualizzò una voce neutra.
Blair si guardò
attorno, ma pareva non esserci nessuno: «Chi ha parlato?».
«Io», rispose
una voce alle sue spalle, seguendo la comparsa di una figura eterea
apparsa dal nulla, proprio davanti ai suoi occhi. Quella sagoma
maschile prese lentamente forma, sino a diventare totalmente
corporea.
Blair arretrò,
intimorita da quanto i suoi occhi erano stati in grado di scorgere.
Era come ritrovarsi all’interno di uno di quei libri sul
paranormale. Tutto era talmente folle da essere improbabilmente
reale.
«Chi… no.
Cosa sei?», domandò indietreggiando ancora.
«Sono Aidan»,
rispose sicuro di sé. «E sono quello che voi intrusi definireste
uno spirito, uno spettro… un fantasma. Per rispondere alla prossima
domanda: no, non sei morta… non ancora».
Blair scosse il
capo. «Allora dove mi trovo?», domandò, non riuscendo a trovare la
razionalità che desiderava in quelle parole. Intanto, i suoi occhi
ricaddero su una figura incorporea comparsa a poca distanza da Aidan.
Aveva un cappotto indosso, capelli rossi ed un’aria preoccupata:
era Alistair. Si fiondò su di lui a passo svelto ma, quando tentò
di afferrarlo, gli passò attraverso. Lo chiamò più volte, cercando
di trattenerlo, ma quello pareva non essere in grado di accorgersi di
niente. Poi, all’ennesimo richiamo, si voltò in sua direzione,
solo per un istante, quindi sembrò sedersi sul vuoto; porse le
braccia verso il compagno, sentendosi totalmente incapace di
raggiungerlo, per quanto i suoi movimenti le diedero l'impressione di
essere in grado di indirizzare lo sguardo di Alistair verso di lei.
Il corpo levitante arretrò di poco, prima di sfrecciare via lontano.
«Sei dall’altra
parte del mondo… quella che non si può vedere a occhio nudo».
Blair recuperò
nuovamente il telefono, e lo puntò nella zona dove aveva scorto
Alistair: forse cominciava a comprendere. Scattò una foto verso il
lago; sul display comparve sfocata la Chiesa della Madonna piangente.
«Che cosa
significa tutto ciò?», domandò agitando il capo, come se non
volesse credere a quanto aveva appena visto.
«Mi pareva di
aver già messo tutto in chiaro: siamo dall’altra parte; quella
dove nessuno vorrebbe essere, ma specialmente dove tu non dovresti
essere», rispose Aidan.
«Devo tornare
indietro, assolutamente!».
«Credi
realmente di poterlo fare?».
«Devo»,
rispose secca.
«Suppongo sia
una richiesta d’aiuto. Va bene, lo farò; ma ad una condizione».
«Sentiamo…
Sono disposta a tutto per ritornare dai miei figli!».
«Ti dirò ciò
che voglio una volta che avrai ottenuto ciò che desideri. È inutile
riempire i tuoi pensieri con le mie richieste. Ti basterà seguirmi».
Blair infilò il
telefono in tasca e si mise alle spalle dello spirito, seguendolo
senza emettere altro. Affrontarono ancora quel territorio
verdeggiante avvolto dalla sottile nebbiolina, ma di tanto in tanto
videro anche altri spiriti, e tutti sembrarono essere alquanto
incuriositi dalla presenza della donna. Aidan le spiegò che per loro
era esattamente come per quelli dell’altra parte: vedere qualcuno
in quel luogo era strano, ma non potevano provarne paura, al
contrario degli altri, poiché tutti erano certi che lei non avrebbe
mai potuto far loro del male.
Blair notò
anche l’aspetto di Aidan, trovandolo insolitamente attraente. Non
era un irlandese, ma aveva i tratti tipici degli inglesi, a partire
dalla sua carnagione e dai suoi capelli corti; inoltre la sua
provenienza si comprendeva dal portamento.
Durante la
camminata le capitò più di una volta d’intravvedere caseggiati
mai scorti prima, generalmente d’aspetto marmoreo, ed a tratti le
parve di avvistare delle auto venirle incontro e svanire pochi
istanti dopo. Tutto non aveva alcun senso in quel luogo.
«Dove siamo
diretti?», domandò Blair.
«Da chi può
aiutarti», disse Aidan. «Si chiama Kyrios».
«Il nome non
sembra irlandese, anzi, a primo impatto direi che è greco», rispose
Blair. «Spero possa aiutarmi».
«Sei una
sveglia», si complimentò lo spirito.
«Vorrei essere
sveglia in questo momento… e non essere qui. È tutta colpa di
Alistair; se non fosse stato per la sua stupidità non mi ritroverei
in questa situazione! Domani ho appuntamento con il mio avvocato, per
non parlare degli accordi che devo prendere con il prossimo autore»,
disse più come un ragionamento a voce alta.
«Domani?»,
domandò ridacchiando lo spirito. «C’è ancora qualcosa che non ti
è stato detto…».
Erano passati
sei giorni dagli eventi avvenuti nei pressi della chiesetta di
Foolknight, ed Alistair non aveva perso tempo: aveva cominciato a
cercare informazioni su quanto era accaduto. Internet, per quanto
vasto e colmo di siti riguardanti eventi paranormali, non fu in grado
di donargli le risposte che cercava; aveva passato giorni a sfogliare
forum e siti apparentemente specializzati in certe questioni. Ma
nessuno pareva essere in grado di dissipare i dubbi che lo
attanagliavano. Intanto, le domande riguardanti la donna avevano
cominciato a tormentarlo. Il telefono di casa non smetteva mai di
suonare, quasi fosse impazzito, tanto che si era deciso a staccarlo,
ed i bambini domandavano sempre dove fosse la loro mamma.
“Vostra
madre è partita per un viaggio di lavoro”, continuava a
ripetere, ma sapeva che i suoi figli non erano sciocchi, e che la
macchina parcheggiata in giardino dava loro molto a cui pensare.
Decise di
recarsi negli unici posti che avrebbero potuto fornirgli qualche
risposta. Provò inizialmente alla parrocchia della cittadina, benché
non fosse un credente, ma il sacerdote non fu in grado di dargli
spiegazioni a riguardo, ma lo informò che la chiesetta era stata
chiusa a causa della sua pericolosità; ed infine si mostrò ostico
nel valutare alcuni possibili eventi, quali le sparizioni,
accusandolo d’essere giunto per elargire blasfemie all’interno
della dimora del creatore.
Irritato dal
comportamento dell’uomo di fede, decise di raggiungere la
biblioteca; gli ci vollero due giorni per analizzare tutti i libri
che affollavano gli scaffali, ed ancora rimanevano occultate molte
fasce relative ai testi sacri ed a quelli di scienza. L’unico
dettaglio capace di distoglierlo da quelle pagine era la presenza di
un uomo con un lungo cappotto di pelle nero e un cappello da cowboy
dello stesso materiale. Una figura barbuta e dall’aspetto
inquietante, quasi fosse una solitaria ombra; e come tale si stava
comportando, risultando sempre più vicino ad Alistair ogni volta che
si alzava per prendere una nuova pila di libri.
«Dubito che
troverai ciò che cerchi fra queste puzzolenti pagine», disse
l’individuo, comparso improvvisamente al suo fianco mentre stava
raccogliendo alcuni tomi; l’intera sala era vuota.
«Scusa? Non ti
seguo», sussurrò Alistair fingendo di aver trovato ciò che
cercava, e prendendo ad incamminarsi verso il proprio tavolo.
«Cerchi
spiegazioni su qualcosa di folle, lo capisco. Non è da tutti, e solo
chi ha visto può essere tanto pazzo da cercare una spiegazione!».
«Continuo a non
capire di che parli», tagliò corto, poggiando prima i libri sul
tavolo e poi indirizzandosi verso le scale per il piano inferiore,
sperando di trovare qualcun altro.
«Ehi, fermati
un attimo!», disse il figuro mettendogli un braccio a bloccare la
porta che anticipava le scale. «Sai, non è gentile voltare le
spalle a chi ti sta parlando. E poi dicono che gli inglesi siano di
cattive maniere!».
«Che vuoi da
me? Ti ricordo che siamo in un locale pubblico, ci sono delle
telecamere e del personale che mi ha visto salire…».
«È colpa del
mio abbigliamento, vero?», domandò stupito, abbandonando la presa
sulla porta. «Non sono qui per derubarti, semplicemente per esserti
d’aiuto. Avanti, letture sul paranormale, telecinesi, miracoli, e
quant’altro… è ovvio che hai visto qualcosa di forte, e che
cerchi delle risposte. Io posso dartele».
«È perché mai
dovresti essere in grado di farlo?», chiese Alistair sbuffando.
«Questa è una
bella domanda. Il mio nome è Dante, e sono un Emissario dei
Cavalieri del Crepuscolo. Questo non ti dirà granché, anzi mi farà
apparire come un folle ai tuoi occhi. Ma se fossi in grado di
mostrarti l’altra parte, cosa diresti?», rispose l’uomo
sollevando appena il cappello.
«Cavalieri,
eh?», ripeté Alistair con un ghigno irrisorio. «Direi di dare peso
alle tue parole».
«Stammi dietro,
scettico. Scommetto che sei uno scrittore!», esclamò Dante,
anticipandolo.
L’uomo vestito
di pelle uscì dalla biblioteca e s’inoltrò nel primo vicolo
disponibile; discese una piccola rampa di scale, costeggiata da
antiche abitazioni dai muri ruvidi, e si fermò dove nessuno avrebbe
potuto vederli, al buio.
«Che intendevi
con: “mostrarmi l'altra parte?”», chiese Alistair.
«Devi dirmi chi
è sparito», rispose d’un tratto.
«Nessuno…
Perché questa domanda?».
«Non fare il
difficile, sul tuo corpo risplende ancora il tocco della Breccia:
significa che sei stato vicino al punto d’ingresso. Chi hai
perduto? Altrimenti non staresti cercando con così tanta impazienza
un modo per ritornarci».
«Mia moglie…
Blair», rispose cominciando a fidarsi di quell’uomo, ma il suo
scetticismo non sarebbe ancora venuto meno.
«Esiste un modo
per capire se è ancora viva…».
«Ancora viva?»,
domandò Alistair.
«È un discorso
lungo, e non abbiamo tempo. Ti spiegherò. Hai qualcosa che le
appartiene? Sarebbe d’aiuto per contattarla», disse Dante
porgendogli la mano.
Alistair si
frugò addosso, poi, come sorpreso, sollevò la manica destra,
mostrando un sottile braccialetto di seta rossa: era un regalo di
Blair, e lo portava indosso da molti anni, dal momento in cui le
aveva detto per la prima volta di amarla.
«Bene!»,
esclamò Dante, estraendo un piccolo stiletto dal manico color
amaranto, caratterizzato da svariate incisioni. «Fidati di me», si
limitò a dire mentre tagliava il bracciale.
Depositò
l’oggetto sopra un piccolo specchietto, anch’esso ricoperto di
strane incisioni, poi lo posò a terra, a pochi passi da loro,
invitando lo scrittore ad allontanarsi appena; lasciò sopra anche
tre petali di loto e si sollevò in piedi, prendendo a recitare
parole in una lingua che Alistair aveva sempre trovato affascinante:
l’italiano.
«Esanime luce
che si perde nel tempo, dello spiraglio di vita che a questo giorno è
attempo; rifletti ancora la tua originaria essenza nel luogo ove hai
dimora. Che si spezzino i sigilli, e una via sia aperta, che fra i
mondi vi sia nuovamente Breccia!».
Alle parole di
Dante, i petali di loto si sollevarono come sospinti da uno strano
turbinio, e lo specchio si accese, emettendo una colonna di luce che
avrebbe ben presto preso le forme di Blair, esattamente come una
proiezione olografica.
«Alistair!»,
esclamò la donna, tentando di afferrarlo, ma le sue mani gli
passarono attraverso. «Che tu sia dannato, stupido uomo! Devi
tirarmi fuori di qui, altri-», sbraitò, prima che Dante la
interrompesse bruscamente.
«Ehi, bellezza,
vacci piano! Tappa la bocca un attimo e lascia fare agli esperti: non
abbiamo molto tempo».
«Chi è questo
idiota?».
«Una persona
che può aiutarci…», rispose Alistair.
«Sono Dante, e
sono l’unico che può realmente aiutarti. Sei entrata all’interno
della Breccia, e dovrai trovare un modo per uscire di là.
Devi assolutamente ragiungere un’arcata di pietra, la riconoscerai:
è alta oltre sette metri e presenta parecchie incisioni in latino;
varcala e restaci, troveremo il modo di riportarti indietro!», disse
tutto d’un fiato. Quando ebbe terminato di parlare, l’immagine
svanì nel nulla, ed i petali di loto erano scomparsi, così come
quel bracciale.
«Chi sei? E
cosa significa la Breccia?», domandò Alistair.
«Mi pareva di
averlo già detto: sono Dante, Emissario del Priorato dei Cavalieri
del Crepuscolo. Da oltre due millenni ci occupiamo dei problemi
relativi alla frattura fra i due mondi, ma è una storia complessa.
Blair si trova dall’altra parte ora, e rischia di non fare più
ritorno. Quelli come me possono passare dall’altra parte, ma solo
per un breve lasso di tempo; tenterò di aiutare tua moglie, ma non
posso farlo gratuitamente. Il Priorato ha bisogno di fondi per poter
rimanere in piedi, ed una donazione avrebbe sicuramente dei benefici
sulla nostra operosità. Non ti chiedo troppo, ma ventimila euro in
contanti sarebbero in grado di aiutarci», disse l’uomo vestito di
pelle. «Non dovrai rivelare a nessuno di quanto sei a conoscenza, è
mio compito tenere tutto ciò segreto, altrimenti ci saranno gravi
ripercussioni sulla nostra realtà. Mantieni questo segreto, o sarò
costretto a metterti a tacere. Ci ritroveremo fra una settimana in
questo stesso posto. Porta i soldi. A presto».
Alistair stette
immobile ad osservarlo andare via. La sua richiesta non era poi così
semplice, e ventimila euro non erano certo una sciocchezza; ma
avrebbe fatto questo ed altro per riavere indietro Blair, ed ora più
che mai si fidava di quello sconosciuto: rappresentava la sua unica
speranza di riabbracciarla.
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