Un Sentiero oltre lo specchio








Giovanni Giuseppe Pintore

Un sentiero oltre lo specchio






Il gelo filtrava come un sussurro arido di speranze attraverso le arrugginite inferriate, sbattendo anch’esso contro l’agonia e lo sconforto esalati da quelle sporche, ristrette ed angoscianti mura. La fuggitiva luna si celava dietro grigie e sentenziose nubi, annunciandosi sporadicamente e stancamente in tutta la sua abbondanza. Pioggia sporca stava per cadere e, come si usava dire nei pressi di Foolknight: “lo sporco dei peccati umani vien vomitato dagli angeli, e ciò è male”.

Delle fredde lenzuola che coprivano lo scomodo lettino fissato al pavimento non restava che l’ombra di un nodo fra le sbarre; l’uomo dalla rossa e arruffata capigliatura strinse l’annodamento all’altro estremo, infilando la testa all’interno del cerchio color panna che aveva appena creato. Sospirò lentamente, stringendo ancora il nodo dietro alla nuca, poi gettò i suoi cangianti occhi verdi sullo sgabello sotto i suoi piedi.

«Ti ho sempre amata… Blair…».





Le sirene della polizia nel servizio del telegiornale delle cinque risuonarono come squilli di tromba all’interno del salotto: era l’ora del the per gli inglesi, ma Alistair, da buon irlandese, non amava mantenere certi legami con “quelli oltre il mare”, benché vi avesse convissuto insieme alla sua cara Blair sino a tre anni prima, ad Edimburgo. Se ne stava seduto sulla poltrona davanti alla televisione con un bicchiere di scotch whiskey on the rocks, perso nell’ambrato colore dell’alcolico, attraverso il quale osservava lo schermo. Erano le ultime tre dita di una bottiglia aperta pochi minuti prima delle cinque.

L’operatore continuava ad illustrare i seguiti delle indagini che avevano sconvolto l’intera Irlanda, ed in parte anche la Gran Bretagna, riguardanti la scomparsa di una donna, ora considerata vittima di un omicidio dalle autorità dopo dodici mesi di ricerche andate a vuoto; e la rivelazione dei sospetti nutriti nei confronti del proprio consorte. Eppure, Alistair era altrove con la mente, esattamente ad un anno preciso da quel giorno, e rammentava ancora quanto era accaduto, sebbene nessun alcolico da quel momento l’avesse aiutato nel raccontare la sua storia, quella che aveva sempre nascosto dentro di sé, né tanto meno a dimenticarla. Ricordava il calvario vissuto giorno per giorno, degli sguardi diffidenti, di quelli accusatori e delle tante parole che avevano macchiato la sua figura di padre e marito. Per la nazione era diventato un caso popolare e macabro, avvolto nel totale mistero e di cui tutti avevano sentito parlare; era riuscito casualmente a scoprire che anche in altri Paesi la notizia era stata accolta con clamore, e nei social network già ronzavano giudizi e tragiche sentenze. Ma tutta quella gente non poteva sapere, non poteva conoscere la verità che si celava dietro le parole che non potevano essere dette. Era un vicolo cieco, purtroppo, e quello che aveva sofferto di più in quel momento era proprio Alistair, uomo solo in quel mondo crudele.

Gettò giù l’ultimo goccio e si lasciò andare sulla poltrona, abbandonando la stretta sul bicchiere, così come su quella realtà, sprofondando nei frammenti dei suoi ricordi nell’esatto momento dell’impatto con il parquet.



Era una serata fresca e priva di nuvole, accompagnata dall’alto da un’immensa luna. Gennaio non era mai stato così caldo, non in quel frammento rurale dell’Irlanda, situato giusto poco più a sud di Dublino. Alistair era in compagnia di Blair, e i due si erano diretti nei pressi della chiesetta di Foolknight, detta anche “La casa della Madonna piangente”: era una piccola struttura in stile gotico sita poco fuori dalla cittadina, immersa nel verde irlandese, e caratterizzata dalla statua di una madonnina che si diceva piangesse nelle notti di luna piena. Era proprio davanti a quel luogo di culto abbandonato che Alistair aveva per la prima volta carezzato i ramati capelli della dolce Blair, ed osservato i suoi sorridenti occhi celesti. Ma, al contrario di quel giorno, gli fu impossibile sfiorare le sue carnose labbra, poiché da esse stava emergendo una verità dura da digerire: tutti quei messaggi, quelle chiamate sul suo cellulare, erano un anticipo di quanto la donna aveva deciso di fare.

Avevano raggiunto quella zona abbandonata per una precisa ragione, ed essa era legata al motivo del loro ritorno in Irlanda. Alistair era uno scrittore di una certa fama in Inghilterra, ma la sua nuova opera aveva subito un brusco arresto: il tipico blocco dello scrittore. Eppure, i suoi interessi per i miti e le leggende della sua terra l’avevano aiutato ad andare avanti, ed in quel momento cercava l’ispirazione per mettere la parola fine al suo libro. In una visita alla biblioteca di Wallhorse aveva sentito dei ragazzi parlare di strani avvenimenti nei pressi di quel luogo tanto caro alla sua infanzia, dunque aveva deciso di recarsi lì proprio con la donna che amava, in cerca di risposte, o semplicemente di un evento differente che sbloccasse la sua creatività.

Muniti di grosse torce e di una buona dose di scetticismo, avevano aggirato la struttura più volte, esattamente quando la luna era alta e piena nel cielo; ma niente era accaduto, se non l’arrivo dell’ennesimo messaggio sul cellulare di Blair.

«Così ho deciso, Alistair. Mi dispiace sia andata a finire in questo modo, ma non c’è più alcun legame fra noi. L’Irlanda è un mondo che non mi appartiene più: è fredda, abbandonata ed incivile… Foolknight è sempre stata una prigione per me; esserci tornata è stato uno sbaglio. Mi dispiace avertelo detto solo adesso... in questo momento. Ormai sarebbe stato inutile cercare l’attimo più adatto», dichiarò la donna, dopo l’ennesima richiesta di spiegazioni da parte dell’uomo.

«Blair, pensa ai nostri figli. Possiamo sistemare le cose!».

«Non ti amo più, Alistair. È finita», affermò staccandosi di dosso le mani del marito.

«Da quanto?», domandò l’uomo abbassando lo sguardo. «Da quanto mi tradisci?».

«Alcuni mesi… Non avrei voluto farlo, ma…», tentò vilmente di giustificarsi la donna.

«Ma tuo marito non ti bastava più… il padre dei tuoi figli era troppo premuroso con loro per poterti dare quello che cercavi? Dove ho sbagliato? Dove?», sbottò l’uomo, battendo i pugni contro il portone della chiesa.

«Voglio il divorzio. I bambini resteranno con me, e tornerò ad Edimburgo; potrai venire a trovarli quando vorrai. Avrai tutto il tempo per finire il tuo libro…».

«Cosa?», domandò perplesso. «Non è il mio libro il problema! Vuoi strapparmi all’abbraccio dei miei figli?!», esclamò Alistair afferrandola per le spalle, scuotendola tanto da farle perdere l’orecchino di piume purpuree, schiacciandolo poi con il piede destro, tanto da fonderlo con la terra.

«Lasciami andare, Alistair. Questa è la mia decisione!».

«Non puoi portarmi via la mia famiglia, non sono io che ho sbagliato. Non sono io il traditore!», gridò l’uomo continuando ad agitarla, sbattendola contro il portone della chiesa. La foga aveva preso possesso dello scrittore.

«Lasciami andare. Ho già le carte pronte, mi occorre semplicemente dare il via al mio avvocato. Non rendere le cose più difficili di quanto già non siano!», urlò Blair.

«Non ti lascerò distruggere la mia famiglia!», replicò Alistair, sbattendola con ulteriore violenza, tanto da schiudere l’ingresso della chiesetta, finendo irrimediabilmente all’interno dell’unica navata. La presa su Blair venne meno.

La donna perse l’equilibrio, arretrando ulteriormente in cerca di stabilità, ma il terreno sotto i suoi piedi franò violentemente, inghiottendola all’interno di una voragine, allargatasi ulteriormente rispetto a come si presentava già all’interno della chiesa. Un improvviso lampo illuminò l’intero luogo, costringendo l’uomo a chiudere gli occhi e a perdere di vista la posizione della moglie. In seguito vi fu un prorompente tuono, accompagnato dal fragoroso tonfo delle macerie nell’acqua.

«Blair!», chiamò a gran voce Alistair, ora sul ciglio del baratro, mentre dall'alto iniziò a piovere abbondantemente. La sua torcia illuminò una larga pozza sporca ed esalante un puzzo stantio a diverse braccia dal pavimento.

Non vi era alcuna traccia della moglie, tanto meno della sua pila. Senza pensarci si gettò nell’acqua, sprofondando appena all’interno di essa, slogandosi una caviglia atterrando sui detriti sul fondo. La pozza non era così profonda, arrivava poco sotto la sua vita. Agitò le mani alla ricerca della donna, muovendo la sua torcia qua e là per cercare di vedere qualcosa in più; ma di Blair non c’era più alcuna traccia.

«Blair!», chiamò nuovamente. Nessuno rispose.



Una forte esplosione di luce sembrò quasi bruciarle gli occhi, poi si sentì annegare, e l’acqua riempirle i polmoni impetuosamente. I due attraenti occhi cerulei riuscirono finalmente a schiudersi, individuando un’ampia luce sopra di sé. Sbracciò a più non posso per raggiungere la superficie e, una volta fuori, sputò tutta l’acqua che aveva nei polmoni, prendendo un grande respiro. Non fece caso al silenzio espresso dal suo rigurgito. Ci mise qualche minuto per rendersi conto di dove fosse e di quanto la circondasse. Nella sua mano destra aveva ancora la torcia accesa.

Il paesaggio buio e gotico della chiesa aveva lasciato spazio ad un lago argenteo, rispecchiante il colore del cielo, dove un pallido sole, assimilabile per la sua poca intensità e colore ad una luna, illuminava l’area circostante. Non vi erano strutture attorno a lei, semplicemente un paesaggio verdeggiante con solitari pini ad innalzarsi verso il cielo, reso soffuso da una soffice nebbiolina.

Si era ritrovata improvvisamente al centro di quella pozza argentea, e Blair combatteva contro la propria mente, cercando una spiegazione razionale a quanto fosse accaduto. Credeva di star sognando in quel momento, eppure, quante volte poteva vantare di aver creduto di star sognando all’interno di un sogno? Nessuna.

Arrivò in poche bracciate sulla riva, e ne uscì scuotendosi; nonostante ciò, i suoi vestiti ed i suoi capelli non erano bagnati: solo le sue scarpe parevano zuppe, e quando le tolse per svuotarle, l’acqua si scompose in piccole bolle, risalendo verso l’alto. Blair rimase spiazzata, ma si scoprì piacevolmente colpita da quella reazione; con le dita fu in grado di frammentare le piccole sfere, creando un’infinità di minuscole lacrime, anch’esse dirette verso l’alto.

«Ehilà! C’è nessuno?», domandò più volte, ma la sua voce si perse in un lontano eco. Prese allora ad incamminarsi verso le verdeggianti colline che si stagliavano fin dove alla sua ristretta vista era concesso giungere, ed infilò la torcia in una delle tasche del cappotto.

Il paesaggio non parve mutare, ma si accorse dell’assenza di uccelli in volo, e delle sinfonie della natura. Tutto taceva. Dopo essersi ripresa da quello stato di confusione-sorpresa, afferrò il suo telefono ma, benché fosse ancora funzionante, non sembrava esserci campo, e nell’interfaccia si palesavano improvvise interferenze, che rendevano impossibile analizzare il display.

«Quando ti serve non funziona mai… Avrei dovuto portarmi il satellitare!», si rimproverò.

«Quelle cose non funzionano qui», puntualizzò una voce neutra.

Blair si guardò attorno, ma pareva non esserci nessuno: «Chi ha parlato?».

«Io», rispose una voce alle sue spalle, seguendo la comparsa di una figura eterea apparsa dal nulla, proprio davanti ai suoi occhi. Quella sagoma maschile prese lentamente forma, sino a diventare totalmente corporea.

Blair arretrò, intimorita da quanto i suoi occhi erano stati in grado di scorgere. Era come ritrovarsi all’interno di uno di quei libri sul paranormale. Tutto era talmente folle da essere improbabilmente reale.

«Chi… no. Cosa sei?», domandò indietreggiando ancora.

«Sono Aidan», rispose sicuro di sé. «E sono quello che voi intrusi definireste uno spirito, uno spettro… un fantasma. Per rispondere alla prossima domanda: no, non sei morta… non ancora».

Blair scosse il capo. «Allora dove mi trovo?», domandò, non riuscendo a trovare la razionalità che desiderava in quelle parole. Intanto, i suoi occhi ricaddero su una figura incorporea comparsa a poca distanza da Aidan. Aveva un cappotto indosso, capelli rossi ed un’aria preoccupata: era Alistair. Si fiondò su di lui a passo svelto ma, quando tentò di afferrarlo, gli passò attraverso. Lo chiamò più volte, cercando di trattenerlo, ma quello pareva non essere in grado di accorgersi di niente. Poi, all’ennesimo richiamo, si voltò in sua direzione, solo per un istante, quindi sembrò sedersi sul vuoto; porse le braccia verso il compagno, sentendosi totalmente incapace di raggiungerlo, per quanto i suoi movimenti le diedero l'impressione di essere in grado di indirizzare lo sguardo di Alistair verso di lei. Il corpo levitante arretrò di poco, prima di sfrecciare via lontano.

«Sei dall’altra parte del mondo… quella che non si può vedere a occhio nudo».

Blair recuperò nuovamente il telefono, e lo puntò nella zona dove aveva scorto Alistair: forse cominciava a comprendere. Scattò una foto verso il lago; sul display comparve sfocata la Chiesa della Madonna piangente.

«Che cosa significa tutto ciò?», domandò agitando il capo, come se non volesse credere a quanto aveva appena visto.

«Mi pareva di aver già messo tutto in chiaro: siamo dall’altra parte; quella dove nessuno vorrebbe essere, ma specialmente dove tu non dovresti essere», rispose Aidan.

«Devo tornare indietro, assolutamente!».

«Credi realmente di poterlo fare?».

«Devo», rispose secca.

«Suppongo sia una richiesta d’aiuto. Va bene, lo farò; ma ad una condizione».

«Sentiamo… Sono disposta a tutto per ritornare dai miei figli!».

«Ti dirò ciò che voglio una volta che avrai ottenuto ciò che desideri. È inutile riempire i tuoi pensieri con le mie richieste. Ti basterà seguirmi».

Blair infilò il telefono in tasca e si mise alle spalle dello spirito, seguendolo senza emettere altro. Affrontarono ancora quel territorio verdeggiante avvolto dalla sottile nebbiolina, ma di tanto in tanto videro anche altri spiriti, e tutti sembrarono essere alquanto incuriositi dalla presenza della donna. Aidan le spiegò che per loro era esattamente come per quelli dell’altra parte: vedere qualcuno in quel luogo era strano, ma non potevano provarne paura, al contrario degli altri, poiché tutti erano certi che lei non avrebbe mai potuto far loro del male.

Blair notò anche l’aspetto di Aidan, trovandolo insolitamente attraente. Non era un irlandese, ma aveva i tratti tipici degli inglesi, a partire dalla sua carnagione e dai suoi capelli corti; inoltre la sua provenienza si comprendeva dal portamento.

Durante la camminata le capitò più di una volta d’intravvedere caseggiati mai scorti prima, generalmente d’aspetto marmoreo, ed a tratti le parve di avvistare delle auto venirle incontro e svanire pochi istanti dopo. Tutto non aveva alcun senso in quel luogo.

«Dove siamo diretti?», domandò Blair.

«Da chi può aiutarti», disse Aidan. «Si chiama Kyrios».

«Il nome non sembra irlandese, anzi, a primo impatto direi che è greco», rispose Blair. «Spero possa aiutarmi».

«Sei una sveglia», si complimentò lo spirito.

«Vorrei essere sveglia in questo momento… e non essere qui. È tutta colpa di Alistair; se non fosse stato per la sua stupidità non mi ritroverei in questa situazione! Domani ho appuntamento con il mio avvocato, per non parlare degli accordi che devo prendere con il prossimo autore», disse più come un ragionamento a voce alta.

«Domani?», domandò ridacchiando lo spirito. «C’è ancora qualcosa che non ti è stato detto…».



Erano passati sei giorni dagli eventi avvenuti nei pressi della chiesetta di Foolknight, ed Alistair non aveva perso tempo: aveva cominciato a cercare informazioni su quanto era accaduto. Internet, per quanto vasto e colmo di siti riguardanti eventi paranormali, non fu in grado di donargli le risposte che cercava; aveva passato giorni a sfogliare forum e siti apparentemente specializzati in certe questioni. Ma nessuno pareva essere in grado di dissipare i dubbi che lo attanagliavano. Intanto, le domande riguardanti la donna avevano cominciato a tormentarlo. Il telefono di casa non smetteva mai di suonare, quasi fosse impazzito, tanto che si era deciso a staccarlo, ed i bambini domandavano sempre dove fosse la loro mamma.

Vostra madre è partita per un viaggio di lavoro”, continuava a ripetere, ma sapeva che i suoi figli non erano sciocchi, e che la macchina parcheggiata in giardino dava loro molto a cui pensare.

Decise di recarsi negli unici posti che avrebbero potuto fornirgli qualche risposta. Provò inizialmente alla parrocchia della cittadina, benché non fosse un credente, ma il sacerdote non fu in grado di dargli spiegazioni a riguardo, ma lo informò che la chiesetta era stata chiusa a causa della sua pericolosità; ed infine si mostrò ostico nel valutare alcuni possibili eventi, quali le sparizioni, accusandolo d’essere giunto per elargire blasfemie all’interno della dimora del creatore.

Irritato dal comportamento dell’uomo di fede, decise di raggiungere la biblioteca; gli ci vollero due giorni per analizzare tutti i libri che affollavano gli scaffali, ed ancora rimanevano occultate molte fasce relative ai testi sacri ed a quelli di scienza. L’unico dettaglio capace di distoglierlo da quelle pagine era la presenza di un uomo con un lungo cappotto di pelle nero e un cappello da cowboy dello stesso materiale. Una figura barbuta e dall’aspetto inquietante, quasi fosse una solitaria ombra; e come tale si stava comportando, risultando sempre più vicino ad Alistair ogni volta che si alzava per prendere una nuova pila di libri.

«Dubito che troverai ciò che cerchi fra queste puzzolenti pagine», disse l’individuo, comparso improvvisamente al suo fianco mentre stava raccogliendo alcuni tomi; l’intera sala era vuota.

«Scusa? Non ti seguo», sussurrò Alistair fingendo di aver trovato ciò che cercava, e prendendo ad incamminarsi verso il proprio tavolo.

«Cerchi spiegazioni su qualcosa di folle, lo capisco. Non è da tutti, e solo chi ha visto può essere tanto pazzo da cercare una spiegazione!».

«Continuo a non capire di che parli», tagliò corto, poggiando prima i libri sul tavolo e poi indirizzandosi verso le scale per il piano inferiore, sperando di trovare qualcun altro.

«Ehi, fermati un attimo!», disse il figuro mettendogli un braccio a bloccare la porta che anticipava le scale. «Sai, non è gentile voltare le spalle a chi ti sta parlando. E poi dicono che gli inglesi siano di cattive maniere!».

«Che vuoi da me? Ti ricordo che siamo in un locale pubblico, ci sono delle telecamere e del personale che mi ha visto salire…».

«È colpa del mio abbigliamento, vero?», domandò stupito, abbandonando la presa sulla porta. «Non sono qui per derubarti, semplicemente per esserti d’aiuto. Avanti, letture sul paranormale, telecinesi, miracoli, e quant’altro… è ovvio che hai visto qualcosa di forte, e che cerchi delle risposte. Io posso dartele».

«È perché mai dovresti essere in grado di farlo?», chiese Alistair sbuffando.

«Questa è una bella domanda. Il mio nome è Dante, e sono un Emissario dei Cavalieri del Crepuscolo. Questo non ti dirà granché, anzi mi farà apparire come un folle ai tuoi occhi. Ma se fossi in grado di mostrarti l’altra parte, cosa diresti?», rispose l’uomo sollevando appena il cappello.

«Cavalieri, eh?», ripeté Alistair con un ghigno irrisorio. «Direi di dare peso alle tue parole».

«Stammi dietro, scettico. Scommetto che sei uno scrittore!», esclamò Dante, anticipandolo.

L’uomo vestito di pelle uscì dalla biblioteca e s’inoltrò nel primo vicolo disponibile; discese una piccola rampa di scale, costeggiata da antiche abitazioni dai muri ruvidi, e si fermò dove nessuno avrebbe potuto vederli, al buio.

«Che intendevi con: “mostrarmi l'altra parte?”», chiese Alistair.

«Devi dirmi chi è sparito», rispose d’un tratto.

«Nessuno… Perché questa domanda?».

«Non fare il difficile, sul tuo corpo risplende ancora il tocco della Breccia: significa che sei stato vicino al punto d’ingresso. Chi hai perduto? Altrimenti non staresti cercando con così tanta impazienza un modo per ritornarci».

«Mia moglie… Blair», rispose cominciando a fidarsi di quell’uomo, ma il suo scetticismo non sarebbe ancora venuto meno.

«Esiste un modo per capire se è ancora viva…».

«Ancora viva?», domandò Alistair.

«È un discorso lungo, e non abbiamo tempo. Ti spiegherò. Hai qualcosa che le appartiene? Sarebbe d’aiuto per contattarla», disse Dante porgendogli la mano.

Alistair si frugò addosso, poi, come sorpreso, sollevò la manica destra, mostrando un sottile braccialetto di seta rossa: era un regalo di Blair, e lo portava indosso da molti anni, dal momento in cui le aveva detto per la prima volta di amarla.

«Bene!», esclamò Dante, estraendo un piccolo stiletto dal manico color amaranto, caratterizzato da svariate incisioni. «Fidati di me», si limitò a dire mentre tagliava il bracciale.

Depositò l’oggetto sopra un piccolo specchietto, anch’esso ricoperto di strane incisioni, poi lo posò a terra, a pochi passi da loro, invitando lo scrittore ad allontanarsi appena; lasciò sopra anche tre petali di loto e si sollevò in piedi, prendendo a recitare parole in una lingua che Alistair aveva sempre trovato affascinante: l’italiano.

«Esanime luce che si perde nel tempo, dello spiraglio di vita che a questo giorno è attempo; rifletti ancora la tua originaria essenza nel luogo ove hai dimora. Che si spezzino i sigilli, e una via sia aperta, che fra i mondi vi sia nuovamente Breccia!».

Alle parole di Dante, i petali di loto si sollevarono come sospinti da uno strano turbinio, e lo specchio si accese, emettendo una colonna di luce che avrebbe ben presto preso le forme di Blair, esattamente come una proiezione olografica.

«Alistair!», esclamò la donna, tentando di afferrarlo, ma le sue mani gli passarono attraverso. «Che tu sia dannato, stupido uomo! Devi tirarmi fuori di qui, altri-», sbraitò, prima che Dante la interrompesse bruscamente.

«Ehi, bellezza, vacci piano! Tappa la bocca un attimo e lascia fare agli esperti: non abbiamo molto tempo».

«Chi è questo idiota?».

«Una persona che può aiutarci…», rispose Alistair.

«Sono Dante, e sono l’unico che può realmente aiutarti. Sei entrata all’interno della Breccia, e dovrai trovare un modo per uscire di là. Devi assolutamente ragiungere un’arcata di pietra, la riconoscerai: è alta oltre sette metri e presenta parecchie incisioni in latino; varcala e restaci, troveremo il modo di riportarti indietro!», disse tutto d’un fiato. Quando ebbe terminato di parlare, l’immagine svanì nel nulla, ed i petali di loto erano scomparsi, così come quel bracciale.

«Chi sei? E cosa significa la Breccia?», domandò Alistair.

«Mi pareva di averlo già detto: sono Dante, Emissario del Priorato dei Cavalieri del Crepuscolo. Da oltre due millenni ci occupiamo dei problemi relativi alla frattura fra i due mondi, ma è una storia complessa. Blair si trova dall’altra parte ora, e rischia di non fare più ritorno. Quelli come me possono passare dall’altra parte, ma solo per un breve lasso di tempo; tenterò di aiutare tua moglie, ma non posso farlo gratuitamente. Il Priorato ha bisogno di fondi per poter rimanere in piedi, ed una donazione avrebbe sicuramente dei benefici sulla nostra operosità. Non ti chiedo troppo, ma ventimila euro in contanti sarebbero in grado di aiutarci», disse l’uomo vestito di pelle. «Non dovrai rivelare a nessuno di quanto sei a conoscenza, è mio compito tenere tutto ciò segreto, altrimenti ci saranno gravi ripercussioni sulla nostra realtà. Mantieni questo segreto, o sarò costretto a metterti a tacere. Ci ritroveremo fra una settimana in questo stesso posto. Porta i soldi. A presto».

Alistair stette immobile ad osservarlo andare via. La sua richiesta non era poi così semplice, e ventimila euro non erano certo una sciocchezza; ma avrebbe fatto questo ed altro per riavere indietro Blair, ed ora più che mai si fidava di quello sconosciuto: rappresentava la sua unica speranza di riabbracciarla.


CONTINUA...

Ringrazio Simone e Marta per la revisione delle bozze.

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