Un sentiero oltre lo specchio
(Parte seconda)


Giovanni Giuseppe Pintore

Un sentiero oltre lo specchio
(Parte seconda)



«Sembra che qualcuno ti abbia richiamata dall’altra parte!», esclamò lo spirito, ridacchiando.
«Che è accaduto, Aidan?», domandò la donna. «Un certo Dante ha detto che mi avrebbe tirata fuori di qui… dice che devo raggiungere un’arcata».
«Sei tornata dall’altra parte, ma solo per un istante. Da questo posto non si può essere “tirati fuori”, dovrai riuscirci da sola; non abbandonarti ad inutili attese, nessuno dall’esterno può aiutarti».
«Quell’incapace di Alistair se ne stava lì, zitto come un cane. Mi ha lasciata trattare in quel modo… La mia decisione non può che essere altro che giusta, sono stata così cieca! Aidan, ho bisogno di trovare quell’arcata», disse Blair.
«Come desideri… se vuoi perdere il tuo tempo ti porterò lì, ma ricorda ciò che ti ho già detto», rispose lo spirito.
Erano trascorse, forse, un paio d'ore da quando Aidan le aveva spiegato che il tempo in quel posto non funzionava esattamente come dall’altra parte. Le ore trascorrevano quietamente, e giorno e notte si alternavano allo stesso modo, ma in orari opposti. Poche ore in quel luogo significavano giorni del mondo reale, ed in sostanza chiunque vi restasse diveniva immortale. Le epoche trascorrevano senza invecchiare, o forse ciò accadeva proprio perché una sola vita in quella dimensione conteneva un'infinità di quelle del mondo reale, e lo spirito non aveva memoria di conoscenti morti per vecchiaia.
Aidan riprese a farle strada, e Blair si perse nell’osservare le enormi distese erbose che caratterizzavano l’Irlanda: in quella zona era possibile ammirare ogni cosa nella compostezza che solo la natura è in grado di donare, con colori accesi e confortanti. Tutto pareva magico in quel luogo. Le leggi della gravità parevano essere totalmente sconnesse rispetto a quelle conosciute e, se ci si sforzava di compiere un balzo, era possibile rimanere a lungo sospesi in aria, prima di ricadere morbidamente dall’altra parte.
«Ci siamo quasi», disse improvvisamente lo spirito, indicandole un boschetto poco più avanti. Un’arcata di pietra alta poco più di alcuni degli alberi si stagliava imponente fra le verdi chiome, contraddistinta da rifiniture, rune e incisioni in latino.
Si addentrarono nel boschetto, e Blair si perse nel vedere alcune piccole creature alate svolazzarle accanto. Sembravano farfalle, ma il loro corpo era umanoide, benché di un’altezza massima di venti centimetri; le loro orecchie erano appuntite, e due piccole antenne spuntavano dalla loro fronte.
«Sono… Fate?», domandò sorpresa.
«E folletti», aggiunse Aidan, fermandosi davanti all’ampia arcata. «E no, non sei pazza. Ti dirò come stanno realmente i fatti: da queste parti vedrai cose che nel tuo mondo ormai appartengono alle favole e alle fantasie; eppure, tutto ciò è sempre stato reale: semplicemente, ciò che un tempo era magico ha scelto un luogo ove l’uomo non fosse in grado di giungere, poiché si era sempre rivelato ostile nei suoi confronti… Potresti vedere ancora tante cose, o cercare un modo per tornare indietro… oppure aspettare qua, e attendere la giunta di questo fantomatico Dante oltre l’arcata. Non sono di parte, però, quando dico che nessuno verrà…».
«Voglio aspettare, nel caso tanto non avrò perso molto tempo, giusto?», disse Blair ridacchiando, quindi oltrepassò l’arcata e prese posto su di un grosso sasso oltre questa.
Aidan rimase a farle compagnia dall'altra parte, giocherellando con le dita insieme a quelle Fate, mentre proseguiva nel narrare alla donna di quanto ancora avrebbe avuto la possibilità di vedere. Più Blair lo fissava, più sembrava riscoprirsi persa nel suo aspetto, in quei corti capelli biondi ed in quegli occhi profondamente celesti. Le ore trascorsero lentamente, e Blair continuò a fissare il suo telefono; in quel momento aveva ripreso a contare anche i minuti, cosa che sino al suo passaggio oltre l’arcata non era ancora avvenuta. Le ore divennero giorni, ed al quarto trascorso decise di rinunciare all’attesa. In tutto quel tempo aveva potuto conoscere meglio Aidan, e si era accorta di quanto fosse gentile ed affascinante; lui l’avrebbe sicuramente aiutata a tornare a casa. Non sentiva i morsi della fame o la fatica della sete: se ne rese conto solo dopo il secondo giorno.
«Saggia decisione, Blair», commentò facendole strada. Le Fate la circondarono, affascinandola con la loro bellezza e la loro grazia.
Lo spirito la portò lontano da quel bosco proprio nel momento in cui la notte pareva essere calata; il cielo si tinse di glicine, ed una luna purpurea prese il suo posto fra alcune stelle ambrate, distendendo i suoi opachi raggi quasi fosse un sole. Blair cominciava a capire come funzionava o, perlomeno, supponeva di capirlo.
Aidan la scortò sino alla costa, nella stessa zona dove si trovava Foolknight. Fotografò qualche altra volta per rendersi conto di dove si trovasse. Intravvide alcune abitazioni nei pressi del centro cittadino, sebbene fossero strutture di antica pietra, simili alle fortezze medievali. Lo spirito le spiegò che chi era giunto sin lì senza comprenderlo, aveva spesso riedificato la propria abitazione ove si era sempre trovata, ma semplicemente dall'altra parte: erano solitamente questi eventi a dare origine ai casi paranormali che il mondo vantava. Ma un luogo che riconosceva, e che si ergeva ancora più imponente in quella realtà, era il Faro di Oldking, sito a poca distanza dal borgo cittadino. Era un’imponente torre, larga alcune centinaia di metri e alta quasi il doppio. La tipologia di struttura le ricordava la raffigurazione della Torre di Babele. Un’elegante scalinata marmorea conduceva verso l’ingresso, composto da un’arcata raffigurante un linguaggio che la donna non aveva mai avuto modo di conoscere.
Blair si volse verso la propria vecchia città, ed in lontananza le sembrò di scorgere degli indefiniti uccelli dalle sagome rossicce e castane; considerata la loro forma, potevano parerle delle aquile, eppure non ne era convinta.
«Fa uno strano effetto scorgere quegli uccelli nel cielo: è notte, e pure la visibilità è buona; ma per quanto sembrano vicini, allo stesso tempo paiono lontani!».
«Uccelli?», domandò Aidan ridacchiando. «No, Blair, quelli sono i Draghi delle Highlands, è per questo che vanno a Nord».
«Draghi?», chiese stupita, cercando di vedere meglio.
«So che vorresti vederne uno da vicino, ma è preferibile che riangano piccoli puntini all’orizzonte. Potrebbero non apprezzare la tua presenza da questa parte, non dopo il modo in cui sono stati trattati…», rispose lo spirito. «Allora, vogliamo proseguire?».

Alistair aveva passato quella settimana a sudare freddo. Il telefono era rimasto staccato troppo a lungo, e molti erano giunti a bussare alla sua porta; aveva detto a tutti quanto già affermato davanti ai suoi figli, ma sempre meno erano coloro che credevano alle sue parole. Nella cittadina avevano già cominciato a sussurrare, e gli sguardi pesanti dei vicini erano sempre su di lui. Se non fosse riuscito a riportare indietro Blair entro quella settimana, probabilmente avrebbe dovuto denunciare la scomparsa alla polizia, o li avrebbe avuti tutti addosso, e senza la possibilità di dare le dovute spiegazioni.
Al settimo giorno recuperò la valigetta con i ventimila euro, e si recò nello stesso vicolo dove aveva visto per l’ultima volta Blair. Dante lo attendeva impaziente.
«Sei in ritardo», commentò spegnendo la propria sigaretta, riponendola all’interno di uno specifico contenitore di metallo; con sé aveva anche una sacca rettangolare rigonfia.
«Sono stato trattenuto. Dobbiamo recuperare mia moglie, e dobbiamo farlo al più presto. Non posso tenere nascosta oltre questa faccenda!», affermò rabbrividendo.
Dante gli fu subito addosso, puntandogli alla gola lo stiletto. «Ho già detto che non devi farne parola con nessuno, Alistair. E spero tu mantenga questa promessa mentre sarò via: è di estrema importanza che tu lo faccia. Se Blair ha seguito le mie indicazioni, sarò qui fra qualche ora. Torna a casa, vedrai che tutto andrà per il meglio. Dovessi metterci di più, avrai mie notizie», dichiarò prima di ritrarre l’arma e porgergli nella mano un piccolo specchio ricoperto di strane rune.
Alistair seguì le indicazioni dell’uomo. Attese in silenzio, osservando dalla finestra. Fuori pioveva a dirotto, ed i lampi che torturavano il cielo sembravano penetrare anche nel suo corpo, dandogli una scossa. Stette in quella posizione per un giorno intero, tenendo d’occhio l’ingresso di casa, ma nessuno giunse. Per un’altra settimana rimase nell’abitazione, chiuso in sé stesso; le domande dei suoi figli lo tormentavano, ed al campanello che continuava a suonare aveva smesso di rispondere, limitandosi ad osservare chi vi fosse dalle finestre: come al solito colleghi di sua moglie, e chissà, forse anche il suo amante.
Il settimo giorno d’attesa lo specchio brillò fra le sue mani, ed una scritta comparve su di esso: “Non è qui. La cercherò”. Alistair cacciò un urlo, e sfogò la propria rabbia spaccando il bicchiere di Whiskey contro un vecchio quadro. Il suo mondo stava crollando, e le speranze che Blair fosse ancora viva si riducevano di ora in ora. Si sentiva perduto, abbandonato a sé stesso. Si tirò il viso per cercare di riprendersi, dandosi qualche violento schiaffo. Desiderava svegliarsi da quell'incubo, e finalmente abbracciare la sua donna, felice che si fosse trattato solo dello scherzo di una notte. Si ritrovò a fissarsi allo specchio con una malsana aria da pazzo. Aveva la barba incolta e livide occhiaie. Ormai non era più in grado di versare lacrime.

Blair aveva seguito ciecamente Aidan, incamminandosi lungo un’immensa navata. Molti erano i volti che la osservavano, e tutti ricalcavano la stessa composizione dello spirito. Ma nessuno li raggiunse, semplicemente rimasero in disparte a guardarli passare, come in attesa di qualcosa che sarebbe dovuto accadere. La donna si strinse all’uomo per cercare conforto, e questi la invitò a stare tranquilla. Avrebbero intrapreso una larga scala a chiocciola che proseguiva verso l’alto, aggirando una delle grosse colonne che sostenevano l’altissimo soffitto. Raggiunsero un livello composto da una pavimentazione a scacchiera. In quel luogo l'arte trovava nuova vita, in stili differenti ed in forme alternative. Vi erano pregiate sculture, quadri d'epoca, murales, incisioni poetiche nelle più disparate lingue. Era un caos ordinato; era un mondo a parte.
«Affrettiamoci!», annunciò Aidan prendendola per mano, trascinandola verso l’ennesima scalinata, come se stessero scappando da qualcosa. Il piano superiore era esattamente identico al precedente, ma ornato da preziose fontane raffiguranti le creature più maestose, fra giochi di luci che davano un'aria fiabesca ad ogni cosa.
Una rapida sfera cremisi travolse una delle fontane accanto a loro, mandandola in frantumi e costringendoli a gettarsi a terra; Aidan coprì Blair con il suo corpo per farle da scudo. Un figuro con indosso una corazza d’ebano comparve dall’altra parte della sala: indossava un elmo pieno con corna affilate che partivano dalla fronte, ed imbracciava un bastone seghettato del medesimo colore, con l’estremo superiore composto da un ruvido fiore di loto, che si presentava di colore scarlatto; mentre l’altra estremità era appuntita, quasi fosse una lama. Un lungo mantello rosso sventolava alle sue spalle: sopra vi era raffigurato un cerchio con svariate incisioni runiche.
«Non avere paura, me ne occupo io; devi solo fare ciò che ti dico!», disse Aidan scattando in avanti, trascinando Blair oltre un doppio portone che venne fatto in mille pezzi.
«Scappa spirito, ma non potrai sottrarti al mio giudizio!», proclamò il misterioso individuo con indosso la corazza.
I due continuarono a correre, evitando quelle sfere cremisi capaci di distruggere qualsiasi cosa; il loro aggressore pareva stargli dietro, continuando a devastare quel luogo tanto maestoso ed elaborato. La donna faticava ancora a credere a quanto stesse vivendo; era tutto al limite dela follia.
«Non possiamo scappare per sempre!», esclamò Blair.
Aidan lasciò delineare un ghigno sul suo viso, poi picchiò il palmo sinistro sul pavimento, andando ad estrarre un bastone argenteo da esso: era lineare e delicato, tanto maestoso quando resistente; all’estremità superiore vantava la testa di un leone con gli occhi di smeraldo.
Il figuro in vesti d’ebano distava pochi metri da loro, e sollevò alto il proprio bastone, facendo generare l’ennesima sfera sulla punta della propria asta, prima di scagliarla contro lo spirito. Aidan batté l’estremità affilata inferiore contro il terreno, ed impose la mano destra contro la sfera, generando uno schermo luminoso che defletté l’attacco contro una parete, facendola crollare. I poteri dello spirito parevano nettamente superiori rispetto all’avversario.
«Consegnami la donna, Aidan, e forse ti risparmierò la vita», vociò il primo.
«Lei ha scelto la sua strada: non ti permetterò di strapparla al suo desiderio ed alla sua promessa!», rispose generando cinque dardi di luce dalla mano destra, costringendo il nemico a parlarli con il proprio bastone, dunque protese il proprio contro il suo, lasciando fuoriuscire un cono infuocato che l’avvolse.
«Non mi lasci altra scelta!», ribatté quello, facendo espandere una barriera cremisi dalla sua corazza ed allontanando le fiamme, che distrussero una moltitudine di preziosi quadri.
I due ingaggiarono battaglia, sfidandosi dapprima dalla distanza, ancora con l’ausilio di quelle sfere taglienti ed esplosive, poi in uno scontro ravvicinato, utilizzando quei bastoni come fossero lance. Aidan era solito far emergere improvvise fiammate dalla bocca del suo leone mentre i bastoni s’incrociavano, costringendo l’avversario ad abbassare la guardia. I due sfondarono non poche pareti, avvicinandosi e allontanandosi durante il corso dello scontro; pareva che l’intera struttura potesse collassare sotto i loro colpi da un momento all'altro.
Parevano in grado di levitare, di piegare le comuni leggi della natura alla loro volontà; alle fiamme di Aidan, l’avversario rispondeva con un cono gelido che le arrestava, ma giusto in tempo per vederle divenire scaglie affilate sospinte da una violenta vampata d’aria emessa dalla mano dello spirito. Alcune di quelle scaglie erano riuscite a centrare il nemico, costringendolo a rallentare.
Blair aveva continuato a seguirli, cercando di rimanere abbastanza distante dallo scontro; ma improvvisamente il figuro in ebano sparì alla sua vista, ricomparendo alle sue spalle, trattenendola con il bastone.
«Ti fai scudo con una donna? Credevo quelli della tua specie più nobili!», esclamò Aidan avvicinandosi a pochi metri dai due, pronto ad un nuovo assalto.
«No, spirito; sto semplicemente risolvendo la questione che abbiamo in sospeso!», sentenziò il figuro lasciando la presa sulla donna, puntando in avanti il proprio bastone, e lasciando fuoriuscire dal fiore di loto una scarica di saette; ma Aidan aveva capito tutto, o almeno così credeva: sparì alla vista dell’aggressore, comparendo subito alle sue spalle. Eppure, per quanto avesse fatto bene i calcoli, lo spirito non si attendeva che il nemico avesse previsto tutto: nella sua mano sinistra apparve uno stiletto dal manico color amaranto, che andò a conficcare nel ventre di Aidan, roteandolo.
Nonostante non fosse una ferita mortale, la guida della donna ricadde a terra, abbandonando la sua presa sul bastone; dunque il figuro gli diede le spalle, indirizzandosi verso Blair.
«Aidan!», chiamò più volte la donna, andandogli incontro, ma l’individuo dalle vesti d’ebano la trattenne.
«È tempo di andare; c’è chi ti aspetta», disse freddamente. Ma la donna gli mise una mano sul pettorale della corazza, desiderando con tutta se stessa di potergli infliggere il massimo dolore fisico, e così fu: dal suo palmo sinistro emerse una lama seghettata che lo trapassò da parte a parte, svanendo pochi istanti più tardi. Il misterioso figuro ricadde a terra a peso morto.
Blair scattò verso Aidan, accogliendolo fra le sue braccia: era stata in grado di salvarlo. Estrasse quel pugnale, gettandolo a terra, e tentò di aiutare lo spirito a risollevarsi, ma questi pareva non esserne in grado.
«Và, non ti preoccupare per me, non morirò. Prendi questo… potrà aiutarti», sussurrò donandole il proprio bastone.
Blair si asciugò il viso dalle lacrime, consapevole che era stata in grado di salvare una persona a cui era ormai profondamente legata; dunque proseguì verso il piano superiore. Si lasciò alle spalle i due combattenti, e si defilò fra alcuni ostacoli lungo la strada, sorti proprio a causa di quello scontro.
Giunse ben presto sulla cima di quel palazzo, ove il vento soffiava caldo e turbolento. Un lungo pontile di legno pareva arrampicarsi verso il cielo, raggiungendo una struttura di pietra sospesa centinaia di metri sopra il mare. Gettò uno sguardo di sotto, e si sentì improvvisamente perdere l’equilibrio, ma si fece forza per iniziare la camminata. Le due sottili corde che componevano il ponte oscillavano allo stesso modo delle pericolanti tegole di legno.
Percorsi i primi quaranta metri, cominciò ad abituarsi a quel passo, dunque proseguì con maggior spigliatezza.
Fu proprio pochi istanti più tardi che quanto le era stato detto da Aidan si rivelò per veritiero. I due occhi blu scorsero qualcosa farsi sempre più vicino. Dapprima pareva solo un uccello, ma quella tonalità rossa e quello scintillio che lo contraddistinguevano le tolsero ogni dubbio: era un Drago!
La creatura planò violentemente a poche braccia dal ponte, facendolo tremare con lo spostamento d’aria creato dal suo passaggio; Blair riuscì però a mantenere l’equilibrio. Poi, ritornò indietro e schiuse le sue imponenti fauci: sembrava non volerla uccidere direttamente, ma semplicemente desiderosi di giocarci. Sputò un soffio infuocato che avviluppò rapidamente il ponte davanti a sé, e la donna era certa che in pochi attimi tutto sarebbe crollato, e lei sarebbe caduta di sotto. Presa dal panico, immaginò di poter spegnere quelle fiamme, ma dell’acqua non sarebbe bastata: impugnò a due mani il bastone e lo protese verso la zona infuocata, facendone fuoriuscire un cono di ghiaccio che ricoprì una buona parte del passaggio; quindi non perse tempo e ci si lanciò sopra, sfruttando la patina gelata per slittare sino alla parte asciutta del ponte. Con sua immensa sorpresa, pur essendo in salita, quella cosa funzionava: dunque protese in avanti il bastone, continuando ad elargire ghiaccio.
Il Drago si mantenne in volo sulla parte più alta della salita e schiuse le sue fauci, pronto ad arrostirla; ma quando Blair gli fu ad una decina di metri, tolse di tasca la sua pila e la puntò contro gli occhi della creatura, accecandola momentaneamente, riuscendo a passarle sotto. Quello che non aveva previsto era che il Drago perdesse quota, finendo per ricadere sul ponte, tirandolo giù con sé e precludendole ogni possibilità di ritornare indietro; lei spiccò un intenso salto, così come aveva scoperto al suo arrivo, rimanendo sospesa in aria per qualche istante, e riuscì a raggiungere d'un soffio la struttura di pietra. Cadde molto lentamente a terra, tanto non provocarsi alcun dolore.
Pareva un immenso tempio greco, e senza pensarci vi si addentrò a passo lesto. Una grande ondata di calore la travolse, ma lei proseguì, sbalordita da quanto aveva dinanzi a sé: un’enorme fenice infuocata occupava la parte finale del tempio, a pochi passi da una grossa vasca circolare ribollente.
«Fatti avanti, umana», vociò l’imponente creatura.
«Dove mi trovo?», domandò Blair eseguendo l’ordine.
«Nel Tempio del Fuoco, al cospetto del suo Guardiano. Sei arrivata sin qui affrontando i pericoli disseminati lungo la via, sebbene non ti sia rimasto tempo. Ti è concesso di tornare nel tuo mondo, ma prima dovrai assolvere alla tua promessa, e solo allora potrai entrare all’interno della Breccia».
«Blair!», la chiamò lo spirito, comparendo alle sue spalle.
«Sto tornando a casa, Aidan. Fai la tua richiesta».
«Vorrei poter sfiorare le tue labbra», rispose mostrando un sorriso.
Blair lo raggiunse a passo lento, e gli carezzò il viso. Lo spirito era bello più che mai, e quel suo sguardo era in grado di rapirla; accostò lentamente le labbra alle sue, e permase a lungo incastrata in quell'assuefacente bacio caldo, travolta dalla passione e dal desiderio.
Si sentì tutt’uno con Aidan, come se egli fosse ciò che da tempo aveva cercato, ciò che aveva sempre voluto al suo fianco. I suoi ricordi parvero annebbiarsi, così come la sua vista, e non si accorse di una sagoma furtiva che prese il suo posto all’interno di quella vasca.
«Rimani con me, Blair. Insieme vivremo l’eternità», disse lo spirito.
La donna rispose con un altro lungo bacio.

Dopo quell’ultimo messaggio, Alistair non aveva più ricevuto notizie. Il giorno dopo decise di recarsi a denunciare la scomparsa della moglie, e da quel momento sarebbe iniziato il suo calvario. Dante non aveva più dato segni di vita, e lui si era recato spesso durante le notti tempestose nei pressi della chiesetta di Foolknight, nella speranza di riuscire anch’egli a passare dall’altra parte. Ma tutto era stato inutile.
A torturarlo, oltre alla scomparsa della moglie, sarebbero stati i social network, i giornali e la polizia. Numerose volte venne richiamato in caserma per esporre nuovamente la propria versione:
“Dopo quel giorno non l’ho più vista”, continuava a ripetere, ma le domande lo tempestavano giorno e notte. Gli chiesero di recarsi in televisione, di aiutarli nelle ricerche, ma lui sapeva che tutto sarebbe stato vano. Aveva anche ricevuto una lettera anonima, oltre a tutte quelle minatorie che gli davano del mostro, ed era una lettera che lo invitava a tacere, altrimenti avrebbe conosciuto le conseguenze. I mesi trascorsero lenti, e la bottiglia divenne la sua migliore amica. Il suo libro giaceva sepolto sotto una pila di lettere mai lette, consapevole del loro significato. Il caso divenne nazionale, e ben presto mondiale, specialmente dopo che la scientifica rinvenne un orecchino di piume nei pressi della chiesetta di Foolknight, e riscontrò nei suoi pressi i segni delle ruote della sua auto. Sentiva un nodo stringersi attorno al suo collo.

Il suono delle sirene lo destò improvvisamente, ed i suoi stanchi occhi ricaddero su qualcosa che luccicava vicino al televisore. Si alzò a fatica, schiacciando alcuni frammenti di vetro con le scarpe, e sbandò sino alla fonte luminosa. Presto riacquistò parziale lucidità, mentre si rendeva conto che a luccicare era lo specchio che gli aveva donato Dante: sulla superficie presero vita nuove scritte, ma gli ci vollero parecchi istanti per riuscire a focalizzare al meglio la vista:
“Perdonami, ho fallito…”.
Nello stesso momento, Alistair udì le parole del telegiornale: le cattive notizie erano giunte tutte insieme. La polizia aveva scoperto del suo prelievo di ventimila euro nei giorni seguenti alla scomparsa della moglie, effettuato da lui in prima persona; inoltre, vi erano parecchi testimoni che l’avevano visto in compagnia di un losco figuro, ed erano tutti pronti a testimoniare di non averlo più notato da quelle parti. Alistair non avrebbe potuto che mentire riguardo quelle affermazioni, e questo, sommato alle prove ritrovate sull’ormai definita “scena del crimine”, lo rendevano a tutti gli effetti un possibile assassino agli occhi del mondo. Un assassino che aveva avuto un anno di tempo per sbarazzarsi del corpo della moglie. Udì ancora delle sirene, ma questa volta parvero essere fuori casa sua.

Il gelo filtrava come un sussurro arido di speranze attraverso le arrugginite inferriate della sua cella, sbattendo anch’esso contro l’agonia e lo sconforto esalati da quelle sporche, ristrette e angoscianti mura. La fuggitiva luna si era celata dietro grigie e sentenziose nubi, annunciandosi sporadicamente e stancamente in tutta la sua abbondanza. Pioggia sporca stava per cadere e, come si usava dire nei pressi di Foolknight: “lo sporco dei peccati umani vien vomitato dagli angeli, e ciò è male”.
Delle fredde lenzuola che coprivano lo scomodo lettino fissato al pavimento non restava che l’ombra di un nodo fra le sbarre; l’uomo dal rosso e arruffato crine strinse l’annodamento all’altro estremo, infilando la testa all’interno del cappio che aveva appena creato. Sospirò lentamente, e strinse ancora il nodo dietro alla nuca, poi gettò i suoi cangianti occhi verdi sullo sgabello sotto i suoi piedi.
«Ti ho sempre amata… Blair…».



Ringrazio Simone e Marta per la revisione delle bozze.

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